venerdì 5 novembre 2010

Non ci resta che piangere

« -Ricordati che devi morire!
-Come..?
-Ricordati che devi morire!!
-Va bene....
-Ricordati che devi morire!!!
-Sì..sì...no, mo' me lo segno proprio... »
(Dialogo tra Troisi e un piagnone di Savonarola)



Il film che vediamo oggi è veramente un "cult" in Italia. È un film scritto e diretto a due mani da Roberto Benigni e l'indimenticabile Massimo Troisi.

Trama
Campagna toscana, estate 1984. Il bidello Mario (Massimo Troisi) e l'insegnante Saverio (Roberto Benigni) sono fermi ad un passaggio a livello, in attesa che il treno passi. I due sono amici e si confidano a vicenda. Saverio tra l'altro è preoccupato per sua sorella Gabriella. L'attesa si protrae e decidono di percorrere una stradina tra i campi. Dopo un po' restano in panne con l'auto in mezzo alla campagna. Si fa sera, piove. I due passano la notte in una locanda. Trovano posto in una stanza che ospita già un'altra persona.
La mattina dopo li attende una sorpresa: appena svegli vedono l'uomo con cui avevano diviso la camera che fa la pipì dalla finestra del primo piano. Le risate vengono subito troncate dal sibilo di una lancia che uccide l'uomo che stava urinando. Mario e Saverio si precipitano al piano terra e trovano altre persone, vestite in modo molto strano. Increduli, scoprono di trovarsi nel passato ("nel 1400 quasi 1500") che poi scoprono essere il 1492, nei pressi di un paesino toscano chiamato Frittole. Nonostante alcuni tentativi razionali di tornare ai tempi moderni soltanto con la forza del pensiero, si rassegnano giocoforza ad ambientarsi, e trovano ospitalità da Vitellozzo (Carlo Monni), il fratello dell'uomo ucciso. Saverio sembra subito a suo agio, mentre Mario non vuole saperne di ambientarsi e vuole tornare nel proprio secolo. Vitellozzo viene messo in prigione e i due decidono di aiutarne la madre (Parisina): lavorano nella macelleria di famiglia e cercano di liberare Vitellozzo scrivendo una lettera a Savonarola.
Mario intanto conosce e conquista il cuore di Pia, la ragazza più ricca del paese. Saverio non nasconde una certa gelosia: la stessa Parisina non ha attenzioni che per il suo amico. Intanto, il suo ardore politico-intellettuale lo spinge a mettersi in viaggio per la Spagna, a Palos al fine di fermare il viaggio di Cristoforo Colombo verso la scoperta dell'America, e coinvolge Mario nell'impresa. A un certo punto durante il viaggio incontrano una bella amazzone, Astriaha, che colpisce il loro carro con una freccia, e che il giorno dopo li insegue.
Astriaha sviene davanti a loro, Saverio cerca di soccorrerla, ma Mario lo convince a scappare, durante il viaggio incontrano Leonardo Da Vinci, e cercano di proporgli concetti ed invenzioni a lui ancora sconosciute (la corrente elettrica, il treno, il termometro, il capitalismo, il lapsus, il complesso di Edipo, il semaforo e persino il gioco della scopa), col patto di dividere equamente eventuali guadagni, ma, apparentemente, il genio sembra non comprendere e lo salutano, non senza un po' di delusione. In una taverna i due rincontrano Astriaha, la quale racconta loro che il suo compito era impedire l'arrivo in Spagna di qualunque straniero, per garantire la partenza delle navi di Colombo. A queste parole i due rimangono di soprassalto: "Colombo è già partito?!" e si precipitano in riva all'oceano. La motivazione per cui Saverio non voleva far partire Colombo diventa più generica, in quanto aveva sentito sua sorella (fidanzata con un americano) pronunciare "OK!". I due riprendono la strada e, con stupore, vedono il fumo di una locomotiva. Convinti di essere tornati nel Novecento, scoprono a malincuore che il macchinista è Leonardo che ha fatto tesoro dei loro insegnamenti, e che vedendo il loro disappunto, li rassicura sui proventi dell'affare da dividere in parti uguali: "per carità! 33, 33 e 33".

Appuntamento questa sera, venerdì 5 novembre alle 18.00 nell'aula 27...siete tutti invitati!

1 commento:

Giulia ha detto...

Girolamo Savonarola, al quale i due protagonisti scrivono una famosa lettera,è stato un religioso e politico italiano.
Appartenente all'ordine dei frati domenicani, nel 1497 fu scomunicato da papa Alessandro VI, l'anno dopo fu impiccato e bruciato sul rogo come «eretico, scismatico e per aver predicato cose nuove»